“Twesume”: il microcurriculum su Twitter
di Staff Comunicazione QLC
Niente più descrizioni prolisse, basteranno 140 caratteri
Nel 2014 già il 13% delle imprese ha dichiarato di reclutare talenti grazie a un tweet.
E sono in aumento le aziende che a loro volta scelgono di pubblicare offerte seguendo il trend della brevità. Lo hanno già fatto Disney, l’Oréal, Starbucks e Accenture.
Bisogna però fare attenzione a quei 140 caratteri che possono rivelarsi anche traditori. Per compilare un perfetto Twesume (parola composta da Twitter + Resume) ci sono delle regole da seguire.
Secondo Francesco de Mojana, fondatore della società di consulenza Arethusa, il primo segreto è la costanza, “Bisogna alimentare il canale dedicandosi almeno cinque minuti al giorno”. I caratteri in realtà sono 132 se si considera anche l’hashtag #twesume. Sono obbligatori due profili differenti, uno personale e uno business, da cui sono banditi following di cantanti, attori e calciatori. La foto deve trasmettere un’immagine rassicurante. La strategia migliore non è l’attacco ma l’avvicinamento lento all’azienda, per alcuni giorni si scrive sul suo blog lasciando intendere che si vuole collaborare con loro. Il tocco finale è completare la frase con un link accattivante che rimandi al proprio blog o profilo LinkedIn.
Gabriella Bagnato, direttore del master in Organizzazione e Personale alla Bocconi, sostiene che Twitter non basta, “Si parte con un tweet per dare un segnale d’interesse”, sintetizza la Bagnato, “quindi si rimanda a LinkedIn o al vecchio curriculum completo. La via per l’assunzione è un puzzle strategico che incastra social, colloqui con cacciatori di teste, incontri con il capo del personale e un video di presentazione”.
Infine per Mariano Corso, professore di Organizzazione e Risorse Umane al Politecnico di Milano, il social “è uno strumento in crescita non solo tra i giovani, anzi, spesso sono proprio le fasce mature che mantengono vivo il proprio network grazie a follower e cinguettii. Anche perché il tema del cercare lavoro non è più solo dei giovani ma riguarda tutti e le presenze in rete vanno pensate come opportunità e un modo sottile per migliorare la propria reputation“.
Fonte:
http://www.repubblica.it
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